Quanto conviene avere lo Stato Italiano come conduttore?
Molte persone non sono a conoscenza del fatto che la nostra Pubblica Amministrazione oltre ad esercitare la propria attività presso immobili propri, è presente tramite le cosiddette “locazioni passive”, cioè in immobili affittati da privati per ospitare le attività che non trovano posto negli edifici gestiti dal Demanio, e che pesano sul bilancio delle Stato per 800 milioni all’anno (dati del DEF 2019).
Ma per un proprietario immobiliare è conveniente avere lo Stato Italiano come conduttore?
Nei quasi 27 anni di attività professionale mi è capitato di affittare delle abitazioni alla Pubblica Amministrazione.
La proprietà/locatore, dopo un iniziale entusiasmo, nella maggior parte dei casi alla scadenza del primo periodo di contratto non ha più voluto rinnovare tale l’impegno.
Talvolta si sono verificati lunghi tempi di attesa per ricevere il pagamento del canone pattuito, altre volte il “sub conduttore” aveva causato qualche danno al bene locato.
Naturalmente ciò può accedere anche un con un qualsiasi altro conduttore.
Tuttavia data la stringente e costante pressione a cui è sottoposto il cittadino italiano ad adempiere puntualmente ai propri doveri, saremmo portati a pensare che anche lo Stato ricambi con lo stesso zelo l’assolvimento dei propri impegni presi.
Ma se per quanto riguarda gli immobili residenziali, ovvero il classico appartamento, oggi la richiesta è rappresentata da molteplici potenziali candidati, con referenze economiche sempre da verificare con attenzione, relativamente agli immobili commerciali e direzionali, magari di grandi dimensioni, questi o sono compatibili ad un utilizzo legato al mondo della logistica, oppure a servizi in outsourcing, altrimenti a causa del loro canone impegnativo rischiano di non trovare un conduttore in grado offrire delle referenze tali da giustificare un impegno contrattuale di sei, nove o dodici anni.
Succede quindi che lo Stato Italiano si proponga, per una serie di sue necessità e/o convenienze, a locare questi immobili di grandi dimensioni. La Questura di Verona e l’Archivio di Stato ad esempio oggi pagano rispettivamente l’affitto ad un proprietario privato e ad un ente privato.
Quindi possiamo serenamente locare un nostro immobile alla Pubblica Amministrazione?
Chi già l’aveva in conduzione di un proprio immobile prima del 2020 si è visto recapitare una proposta di stipula di un nuovo contratto di locazione della durata di anni nove a fronte di un canone annuo commisurato al valore minimo locativo fissato dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) ridotto del 15 per cento. Di fatto siamo ben lontani dai valori locativi di mercato.
Inoltre “In considerazione dell’eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, per gli anni 2012, 2013, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, 2019, 2020, 2021 e 2022, l’aggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT, previsto dalla normativa vigente, non si applica al canone dovuto dalle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (…) nonché dalle Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) per l’utilizzo in locazione passiva di immobili per finalità istituzionali”.
(articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 95 del 2012)
Che cosa significa quest’ultimo paragrafo? Che da undici anni lo Stato, quando utilizza un immobile di proprietà di altri, si rifiuta di applicare una regola tradizionale nei rapporti di locazione: quella che impone al conduttore di aggiornare ogni anno il canone sulla base di uno specifico indice ISTAT, al fine di adeguarlo al “costo della vita”.
Aggiornamento quantomai necessario, specie in periodi di inflazione marcata, se si considera che i contratti in questione hanno solitamente una durata di dodici anni (sei più sei), sempre con il medesimo canone.
Undici anni iniziati dal Governo Monti fino ad arrivare al Governo Draghi, con il decreto “Mille proroghe” (art.3, comma 3, d.l. n.228/2021, che ha aggiunto il 2022 al lungo elenco di annualità interessate dalla disposizione).
Undici anni trincerati da “esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica”.
Peccato che lo Stato si preoccupi di contenere la spesa pubblica solo quando c’è da pagare a un proprietario quanto concordato in contratto e previsto da una sua legge!
Michele Ferroni – Immobiliare Ferroni
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