Quale futuro per le case di proprietà?

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Quale futuro per le case di proprietà?

Pubblicato da Immobiliare Ferroni sopra 27 Gennaio 2023
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Cosa succederà alla nostre case di proprietà?

La cronaca delle prime settimane del 2023 pone inquietanti interrogativi in merito alle nostre case di proprietà, alla luce del nuovo tentativo da parte della Commissione Europea di limitarne nella migliore delle ipotesi, o di espropriare nello scenario peggiore, proprietà, possesso e godimento.

Già perché non bastavano le preoccupazioni provocate da Covid, guerra in Ucraina, l’inflazione più alta degli ultimi 40 anni, prezzi dell’energia fuori controllo e la recessione.

L’UE è ritornata alla carica con il suo “vecchio cavallo di battaglia”, concernente l’attuazione del cosiddetto “Fit for 55”, ovvero un pacchetto di riforme e regolamenti economici e sociali promulgate dalla stessa, basate sulla lotta al cambiamento climatico e alla riduzione delle emissioni di gas serra.

Salvo ravvedimenti o rinsavimenti improbabili visti i precedenti, tra due mesi il Parlamento Europeo ratificherà una Direttiva Comunitaria che prevederà entro il 2030 che le nostre case di proprietà dovranno essere in classe energetica “E”, entro il 2033 in classe “D” e nel 2050 dovranno raggiungere le zero emissioni di CO2.

Mi chiedo ma l’Italia, il paese delle Soprintendenze, delle Associazioni come Italia Nostra, FAI, Istituto Regionale Ville Venete / Dimore storiche ecc…Confedilizia ecc… può’ accettare di adottare una norma così autolesionistica?

Le stesse Francia e Spagna, con patrimoni immobiliari simili al nostro, come possono solo pensare applicare al loro patrimonio immobiliare una legge cosi punitiva e lesiva degli interessi dei propri cittadini e delle proprie economie?

Ma questa nuova religione legata al “Green”, “Climate change” e “Global Warming” incentrata su temi infarciti di demagogia ecologica da assumere quasi come un dogma, dovrà pure contestualizzarsi adeguatamente in realtà sociali, economiche, urbanistiche ed ambientali così eterogenee come ad esempio tra Helsinki ed Atene.

Altrimenti si tratterà dell’ennesimo provvedimento europeo volto ad alienare le straordinarie identità culturali e patrimoniali nazionali dei paesi membri, questa volta con l’aggravante di azzerare scientemente sacrifici ed investimenti economici di milioni di cittadini.

Intendiamoci, il fatto di poter ridurre emissioni inquinanti, consumi energetici e di rendere più sicure le nostre case è indiscutibilmente un fatto positivo ed un fine da perseguire. Tuttavia una cosa è avere la possibilità di farlo, altra cosa invece è essere costretti ad attuare tale diktat per non vedere vanificato anni di sacrifici.

Già perché tutto ciò accadrebbe in un momento storico dove i prezzi delle materie prime come cemento, ferro, legno, vetro ecc.. sono triplicati. Il costo del denaro nel frattempo è ritornato improvvisamente a livelli di almeno 15 anni fa.

In questo quadro a tinte fosche, ho identificato un appiglio concreto in grado di scongiurare questo scenario apparentemente già segnato, paradossalmente rappresentato dalle “Banche”.

Direte le banche cosa c’entrano? Secondo il Censis il 70,8% delle famiglie italiane è proprietario della casa in cui vive. Secondo altri dati dell’Agenzia delle Entrate, il 66% di queste ha acceso un mutuo ipotecario sulla propria casa.

Al momento quindi, “di fatto”, poco meno della metà delle case degli italiani sono “di proprietà” delle banche fino all’estinzione del debito contratto.

In virtù di ciò, colossi finanziari quotati in borsa, con interessi internazionali radicati da oltre mezzo secolo, possono permettersi tutto d’un tratto di vedersi azzerare capitali sui quali hanno investito centinaia di milioni di euro?

Ricordo che l’87% degli immobili italiani è datato come epoca di costruzione ante 1917 e che quindi appartiene alle classi energetiche peggiori “F” e “G”.

Molte di queste proprietà difficilmente potranno migliorare significativamente la loro classe se non a fronte di ulteriori ingenti investimenti economici.

ACE ed APE attribuiscono il rendimento energetico delle nostre case

Vediamo ora qual è stata l’escalation temporale adottata dal nostro paese in tema di miglioramento della prestazione energetica degli edifici.

Nel 2005 il governo italiano emanò il D.lgs nr.192/2005 mediante il quale tutti i fabbricati costruiti ex novo e gli interventi di riqualificazione dovevano essere dotati di ACE (attestato di certificazione energetica).

Tale D.lgs recepiva la Direttiva Europea 91/2002 in merito al rendimento energetico nell’edilizia.

Vennero così introdotte le classi di efficienza come per gli elettrodomestici, dalla G, la peggiore o dispersiva alla A, la migliore o conservativa.

Nel 2013 recependo la nuova Direttiva Europea 31/2010 venne introdotto un nuovo D.lgs nr.63/2013 mediante il quale veniva cambiato il nome del certificato attestante la performance da ACE ad APE (attestato di prestazione energetica).

Venne reso obbligatorio la redazione di quest’ultimo documento quale allegato nelle compravendite anche di tutti gli immobili usati e nelle locazioni, pena nullità dell’atto stesso, eccezion fatta per le pertinenze come garages, cantine ecc..

Da allora questo documento è divenuto obbligatorio anche solo per promuovere un immobile sul mercato, pena sanzioni fino ad €5.000,00 alla proprietà ed all’eventuale agente immobiliare incaricato.

L’introduzione delle detrazioni fiscali Ecobonus al 65% e Superbonus al 110% per le case di proprietà

Al fine di agevolare ed implementare tali interventi, lo Stato italiano ha introdotto dal 2013 l’ “Ecobonus al 65%”, ovvero uno sconto fiscale applicabile a tutti gli interventi straordinari volti al miglioramento energetico degli immobili, attuabile grazie alla sostituzioni di infissi, impianti termici, integrazione impiantistiche con pannelli solari fotovoltaici ecc…

Nel 2020 è partito lo straordinario “carrozzone” del “Superbonus al 110” grazie al quale abbiamo assistito a repentini: cambi di regolamenti attuativi, scontistiche di costi detraibili in fattura, individuazioni di soggetti preposti alla cessione del credito, raddoppio nella migliore delle ipotesi del prezzo dei materiali da impiegare ed interventi di durata biblica.

Andamento dei prezzi delle case di proprietà in vendita ed affitto in 19 paesi membri UE dal 2010 al 2022

Alla luce di tutti questi interventi di innovazione e sconti fiscali utilizzati da centinaia di migliaia di nostri connazionali alle loro proprietà, verrebbe automatico pensare a quale importante apprezzamento queste hanno apportato al patrimonio immobiliare italiano.

Purtroppo, come vedremo, non è andata esattamente così.

Il grafico sotto riportato realizzato da Eurostat in merito ad uno studio sull’incremento dei valori immobiliari nei mercati di affitto e vendita in 19 paesi membri UE tra il 2010 ed il 1° quadrimestre del 2022, dimostra come non solo in Italia non vi sia stato incremento di valore, ma addirittura vi sia stato una perdita del 10%.

In paesi come Estonia, Ungheria, Lussemburgo, Cechia, Lettonia, Lituania e Austria i valori sono almeno raddoppiati!

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Quindi mi chiedo alla luce di questa rilevazione, avendo la possibilità di poter effiecientare le nostre case, in quale misura ciò ha senso?

Non c’è il rischio che tutte queste opere affiancate da una burocrazia infernale, oltre a rappresentare una spesa insostenibile per larga parte della popolazione, non rappresentino, dati alla mano, nemmeno un buon investimento o possano tramutarsi in una nuova tassa patrimoniale?

Michele Ferroni – Immobiliare Ferroni

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